Canti e Balli

I nostri balli

La Tarantella

É una delle danze più caratteristiche e rappresenta un fenomeno culturale che attraversa tutta l’Italia meridionale. Questa antica danza popolare, con radici nella cultura araba, pare sia nata a Taranto ed è da sempre avvolta di un alone magico religioso. Nella leggenda, comunque, la tarantella è legata l ragno nero, la tarantola, che quando morde (fa ballare).
Con il termine tarantella, detta anche còrea, vengono definite alcune danze popolari dell’Italia meridionale, in tempo veloce, in metro di 6/8 e per lo più in modo minore. Alcune tipologie hanno una metrica con dei fraseggi melodici e ritmici in 4/4 (una sestina ogni movimento, su bpm da 60 a 90); alcune pizziche, la pizzica scherma, alcune varianti peloritane ed agrigentine presentano fraseggi completi in 4, e, soprattutto, 16 movimenti.
Diffusa tra la popolazione in Campania, già tra il Trecento e il Quattrocento. La trasposizione “colta” più famosa è probabilmente quella composta per pianoforte da Gioachino Rossini, intitolata La danza, che fu arrangiata per esecuzione orchestrale, insieme ad altri brani pianistici di Rossini, da Ottorino Respighi nel secolo XXI per il balletto La boutique fantasque, coreografato da Léonid Mjasin per i Ballets Russes di Serge Diaghilev.
Il nome deriverebbe dalla tarantola o Lycosa tarentula, un ragno velenoso diffuso nell’Europa meridionale. Si riteneva che il veleno del ragno provocasse fenomeni di convulsione, per cui chi ballava questa danza sembrava morso dalla tarantola: da qui il nome “tarantella”. Secondo altre interpretazioni deriverebbe invece dalla città di Taranto o dal fiume Tara.

I canti tipici

A fuiuta di li ziti
Si tratta di una canzone che ricorda le tradizioni severe del paese legate al fidanzamento prima e matrimonio poi. Infatti i fidanzati avevano, e talvolta lo hanno tutt’oggi, poco margine di libertà d’azione fino al punto di provocare la cosiddetta fuiitina ovvero scappatella consumando talvolta il matrimonio prima della celebrazione in chiesa, cosa inaudita e vergognosa per le antiche tradizioni legate al nostro paese.
Vitti ‘na crozza
(Ho visto un teschio) è una canzone anonima, inizialmente triste, scritta dopo la conquista della Sicilia da parte di Garibaldi, nella quale a guerra finita, un uomo ritrova il teschio di un caduto e lo interroga invano sulla sua sorte; ma il mistero della morte è uguale per tutti.
Mungibeddu
La denominazione dialettale per l’ETNA, il vulcano siciliano che con i suoi 3333 metri é il più alto d’Europa, in essa si magnificano le bellezze della Sicilia, arance, fiori e, appunto l’Etna, che continua ad attirare tanti visitatori.
Sicilia mia Sicilia
Si tratta di una canzone che si potrebbe definire quasi come l’inno siciliano. Ricorda le meraviglie della Sicilia. Terra di mare e di sole ricca di coltivazioni d’arance, mandarini e limoni. Terra che attira molti stranieri che restano incantati dalla bellezza del paesaggio e dal profumo dei fiori.
Metti i pezzi Papà
Si tratta di una tipica canzone sicula che racconta il destino di una ragazza comune che ha paura di restare zitella, a causa del suo seno poco sviluppato ovvero piallato. Quindi implora papà e mamma a ovvero ad aggiungere resti di stoffa per fare crescere il seno e quindi renderlo più presentabile.
Si maritau Rosa
Tutte le ragazze paesane si sposano prima o poi, ma lei – la protagonista – finora non è stata fortunata ed è ancora zitella.